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Le operazioni ripresero.
La porta, nella quale venne praticata un’apertura, dava accesso ad una
cappella scavata nella roccia.
Un soffio d’aria torrida ed umida, irrespirabile, investì Alessandro,
il primo uomo a mettere piede in un luogo dove, per una breve eternità, avevano
regnato silenzio e immobilità. Gli altri lo seguirono, facendo attenzione a non
inciampare nelle pietre sporgenti dal pavimento terroso.
La luce delle torce elettriche attraversò le tenebre millenarie ed
illuminò un piccolo ambiente quadrangolare con soffitto a volta e pavimento in
pendio; due colonne, in fondo alla stanza, reggevano una seconda porta dai
sigilli rotti e sparsi per terra. Appoggiata ad una parete videro una stele in
arenaria raffigurante Sobek, il Coccodrillo Sacro. Il registro inferiore recava
la seguente scritta:
“Che
il coccodrillo nell’acqua
e la serpe in terra
siano contro colui
che farà oltraggio alla mia
dimora
perché io, Nefer,
non ho fatto nulla contro di lui.”
Omar, il fotografo, cominciò a scattare fotografie, ma Hammad non seppe
trattenere un’esclamazione di disappunto:
“Per la Collera di Allah! – esclamò - I sigilli sono spezzati. Questa
tomba è stata violata.”
“Per la Miseria… qualcuno è arrivato prima di noi.” anche
Alessandro imprecò.
“Significa che possono aver portato via il tesoro chiuso in questo
sepolcro?” chiese Isabella aggrottando la fronte.
“Questi sono frammenti di sigilli reali – spiegò Hammad - e
testimoniano la presenza di una ricca tomba, ma… sarebbe una fortuna, che
questa tomba non fosse già stata visitata dai saccheggiatori.”
“Già! – convenne il professore – Trabocchetti e formule magiche non
hanno tenuto lontano i profanatori nemmeno in epoca più antica.”
“Troveremo qualche sorpresa dietro quella porta? – domandò Isabella,
poi – Uffa, che caldo! Si soffoca, qui dentro.”
L’aria era davvero soffocante là sotto. La sabbia e la polvere cadute
dal soffitto ed accumulate sul pavimento si sollevavano al passaggio e un odore
venefico penetrava nelle narici.
Spinsero la porta e si trovarono in cima ad una scala che sprofondava
nella montagna. Lungo i gradini, quattordici ne contò Alì, ebbero una macabra
sorpresa: uno scheletro ed un moschetto.
“Ecco chi ci ha preceduto… ”
Alessandro sollevò la torcia ed illuminò i pietosi resti: l’uomo aveva
il collo spezzato.
“Devono averlo colpito con tale violenza da impedirgli ogni reazione.”
osservò Hammad.
I gradini portavano ad una terza porta; anche questa con sigilli
spezzati.
L’aprirono ed entrarono in un vasto ambiente. Sparse per terra, c’erano
ghirlande di fiori e foglie: loto, papiro, sedano e sicomoro.
Un attimo di stupito, emozionato silenzio, poi Isabella si chinò a
raccoglierne una ed un inspiegabile turbamento la colse d’improvviso. Quasi non sentì l’esclamazione di stupore di
Hammad:
“Allah di Misericordia!”
Contro la parete di fondo, alla destra di una quarta porta chiusa e
sigillata, cosa che faceva ben sperare, l’uomo aveva visto una statua di legno
e vi aveva accostato la torcia.
Ombre nelle ombre, gli altri lo raggiunsero immediatamente, tendendo in
avanti le loro torce; le luci strapparono inquietanti bagliori agli occhi di opaco
quarzo grigio del simulacro.
“Santo Cielo! – anche Alessandro era assai impressionato – Sembra
vivo.”
Altre esclamazioni di profondo stupore commentarono quell’incontro.
Erano tutti come storditi; immobili di fronte a quella statua che pareva
fissarli silenziosa, ma minacciosa.
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..L’aspetto selvaggio, la folta capigliatura trattenuta da un cordino
legato sulla nuca, le straordinarie proporzioni fisiche, portavano alla mente
immagini di antichi guerrieri.
“Straordinario!” continuavano a ripetere al cospetto di tanta
perfezione tecnica e piacevolezza rappresentativa.
“E’ la tomba di un principe?” anche Isabella s’era avvicinata.
“Non penso. – rispose il fratello – Sul sigillo c’era un nome di donna.
Se dietro questa porta c’è un sarcofago, sono certo che accoglierà le spoglie
di una principessa.”
“Ma questa… questa non è una statua funeraria.” insistette Isabella.
“E’ vero! – assentì Alessandro – Il braccio proteso in avanti,
l’atteggiamento… Sembra sul punto di lanciarsi in avanti verso qualcosa…”
“… o qualcuno.” gli fece eco Alì.
“Verso un intruso. – interloquì Hammad – Verso il profanatore di
questa tomba. Il braccio teso è pronto
a sbarrare il passo oltre quella porta… a protezione di quella porta.”
“Guardate la sua mano… stringe qualcosa.” fece osservare Isabella.
Guardarono.
In una mano la statua misteriosa stringeva un sacchetto di lino,
nell’altra reggeva un coccio di terracotta recante alcune incisioni sulla
superficie; una scritta che il professore andò decifrando:
“Io, Osor, Guardiano della
Soglia,
respingo col tocco della
Morte Incognita
della mia mano,
chiunque profani questa
dimora.
Sono io, Osor.”
“Che cosa ci sarà in quel sacchetto?” domandò Isabella tendendo una
mano.
Il gesto fece fluttuare l’aria intorno alla statua; la ragazza ammutolì
e ritrasse il braccio. Il suo sguardo, però, andò intorno errante ed esitante e
finì per perdersi in quello misterioso e vitreo del simulacro.
Il sangue retrocesse e un profondo pallore le si stemperò sul bel
volto.
“”Co… cosa ci sarà qui dentro?” balbettò meccanicamente; quasi un’eco
dei pensieri smarriti.
“Lo scopriremo presto. – rispose Alessandro – Analizzeremo il contenuto
di questo sacchetto e lo catalogheremo come ogni altro oggetto.”
(continua)
brano tratto da OSORKON - Il Guardiano della Soglia
su AMAZON
o da richiedere AUTOGRAFATO e SCONTATO direttamente dall'autrice:
mariapace2010@gmail.com
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