CAPITOLO III - Il
Guardiano
L’alba trovò Isabella immersa
nel leggero dormiveglia che segue una notte insonne. La luce del mattino,
entrando dalla fessura della porta accostata, investì la sua figura
rannicchiata nel letto ed ancora un po’ infreddolita: nel deserto si
avvicendano due mondi, quello assolato
del giorno e l’altro gelido della notte.
Isabella aprì gli occhi; stele e papiri dipinti davano vita e storia
alle pareti e al soffitto della camera-sepolcro che divideva col fratello, una
tendina ammorbidiva le linee della finestrella.
Ritta ai piedi del letto, investita dallo stesso fascio di luce,
Isabella vide una figura, una
straordinaria, stupefacente figura: quella del Guardiano della tomba
della principessa Nefer.
La ragazza balzò a sedere, mentre il sangue retrocedeva lentamente sul
bel volto stupefatto per far posto ad un profondo pallore; le arterie pulsavano
velocemente e i muscoli erano rigidi come legno.
“Sto… sto ancora sognando…” balbettò.
“Nefer, piccola Signora del cielo… - una voce straordinariamente dolce
parve accarezzarla, ma lontana, cavernosa, gutturale, nonostante che alcune
consonanti fossero accompagnate da un sibilo acuto – Osor è qui!”
La creatura fece un passo
avanti; Isabella la fissava inquieta e irrigidita dalla sorpresa,
“Chi… chi sei?” domandò, ma neppure il suono della propria voce riuscì
a stemperare minimamente il terrore
prodotto da quell’inquietante presenza.
“Sono Osor il Guardiano, mia dolce Signora. - rispose quello – Sono
giunto al tuo richiamo, per liberare il tuo cammino dalle insidie…”
La figura possente, i muscoli guizzanti sotto la pelle bruna, le spalle
atletiche sotto lo shebiu, il collare di cuoio colorato, i fianchi
coperti da un corto gonnellino erano il trionfo dell’enigma e del mistero.
Isabella lo fissava muta e affascinata, ma anche spaventata.
I capelli erano ricci ed un po’ arruffati e gli sporgevano da sotto la
fascia di cuoio legata intorno alla fronte… No! Quello non era affatto una
statua… o quello che era parso nella tomba la sera precedente … Ed era ben
vivo.
“Osor ti seguirà fedele come l’ombra. – riudì la sua voce. Era antica,
ma calda e profonda, accompagnata da uno sguardo dolce e mansueto – Osor
libererà il tuo cammino da ogni insidia. Così è, da quando il Messaggero è
venuto a porsi davanti a te, dolce Signora.”
“Non è possibile! Sto sognando...” continuava a ripetere
la ragazza, poi, di colpo, sembrò
afferrare la situazione, per quanto fantastica e paradossale apparisse: quella
che le stava davanti era una persona o qualcosa di simile. Ed era ben viva. Non
era una statua…. Ma no! Non era possibile. Stava sognando. Quello era un sogno
e presto si sarebbe svegliata e la visione sarebbe svanita come la nebbia di
primo mattino… Ma che diamine! Come aveva potuto credere… ah.ah.ah… come aveva
potuto credere… anche per un solo istante… come aveva potuto credere ad una
cosa tanto assurda… Una statua che si anima… ah.ah.ah…
“Lo spavento, ieri sera… Lo spavento ha procurato alla mia povera mente
questo strano scherzo… Le parole di Alì… la maledizione dei faraoni… ah.ah.ah…
– continuò sottovoce il suo pensiero. L’eco della sua stessa voce era quasi
irriconoscibile alle orecchie, ma riuscì a tranquillizzarla – Non mi faccio
prendere la mano dalla fantasia, io… La statua che prende vita, Ah.ah.ah! Che
sciocchezza!… Accidenti!.... Ma perché continuo a sognare?… Perché non mi
sveglio?… Un momento… se metto i piedi a terra, …forse… il pavimento freddo mi sveglierà e questo
qui se ne andrà. Ecco… adesso mi alzo…”
Mise i piedi fuori del letto.
Era certa che il contatto con il pavimento freddo terroso della cripta
l’avrebbe svegliata e avrebbe fatto svanire quella presenza. In piedi. Fece un passo in avanti, poi un secondo, un terzo e un altro ancora.
Quello era sempre lì. Sempre sorridente. Il suo sguardo era sempre
dolce e mansueto. Da vitello da latte, si sorprese a pensare con un ironico
sorriso. Mosse ancora un passo: quello era sempre lì, ad un passo da lei, bello
di una bellezza selvaggia.
Sollevò una mano, timidamente la tese in avanti per toccargli un
braccio.
Era forte, potente, vibrante… vivo!
Isabella deglutì a fatica e ritirò immediatamente la mano; il respiro
divenne veloce e così il battito del cuore.
Ebbe una vertigine e il terreno le mancò sotto i piedi e lui allungò un
braccio verso di lei
La sorresse. L’accolse fra le braccia… Il contatto con la pelle di lui…
calda e viva…
“Santo Cielo! – seguì un attimo di confuso e sbalordito silenzio,
poi - Ma… ma chi sei?... Che cosa sei?”
“Sono Osor, mia Signora. Sono la tua ombra e ti libererò…”
“… il cammino dalle insidie. Ho capito! – lo interruppe la ragazza
sciogliendosi dall’abbraccio – Per la miseria! E’ proprio vero! Non sto
sognando. Come è possibile?... Eppure sta accadendo. Sei qui. Davanti a me… E
adesso che cosa devo fare? Bisogna che ne parli a qualcuno… Ma che posso dire?
Penseranno che sia diventata pazza e… nella migliore delle ipotesi, penseranno
ad uno scherzo. Che pasticcio!... Alì! Devo parlare con Alì.”
Passi in avvicinamento.
Isabella fece cenno alla creatura di nascondersi dietro una tenda;
l’altro ubbidì immediatamente. Docile.
(continua)
brano tratto dal libro "OSORKON - Il Guardiano della Soglia"
(continua)
brano tratto dal libro "OSORKON - Il Guardiano della Soglia"
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