sabato 28 febbraio 2015

LA Tomba Violata





..................
Le operazioni ripresero.
La porta, nella quale venne praticata un’apertura, dava accesso ad una cappella scavata nella roccia.
Un soffio d’aria torrida ed umida, irrespirabile, investì Alessandro, il primo uomo a mettere piede in un luogo dove, per una breve eternità, avevano regnato silenzio e immobilità. Gli altri lo seguirono, facendo attenzione a non inciampare nelle pietre sporgenti dal pavimento terroso.



La luce delle torce elettriche attraversò le tenebre millenarie ed illuminò un piccolo ambiente quadrangolare con soffitto a volta e pavimento in pendio; due colonne, in fondo alla stanza, reggevano una seconda porta dai sigilli rotti e sparsi per terra. Appoggiata ad una parete videro una stele in arenaria raffigurante Sobek, il Coccodrillo Sacro. Il registro inferiore recava la seguente scritta:
              “Che il coccodrillo nell’acqua
               e la serpe in terra
               siano contro colui
               che farà oltraggio alla mia dimora
               perché io, Nefer,
               non ho fatto nulla contro di lui.”
Omar, il fotografo, cominciò a scattare fotografie, ma Hammad non seppe trattenere un’esclamazione di disappunto:
“Per la Collera di Allah! – esclamò - I sigilli sono spezzati. Questa tomba è stata violata.”
“Per la Miseria… qualcuno è arrivato prima di noi.” anche Alessandro imprecò.
“Significa che possono aver portato via il tesoro chiuso in questo sepolcro?” chiese Isabella aggrottando la fronte.
“Questi sono frammenti di sigilli reali – spiegò Hammad - e testimoniano la presenza di una ricca tomba, ma… sarebbe una fortuna, che questa tomba non fosse già stata visitata dai saccheggiatori.”
“Già! – convenne il professore – Trabocchetti e formule magiche non hanno tenuto lontano i profanatori nemmeno in epoca più antica.”
“Troveremo qualche sorpresa dietro quella porta? – domandò Isabella, poi – Uffa, che caldo! Si soffoca, qui dentro.”

L’aria era davvero soffocante là sotto. La sabbia e la polvere cadute dal soffitto ed accumulate sul pavimento si sollevavano al passaggio e un odore venefico penetrava nelle narici.
Spinsero la porta e si trovarono in cima ad una scala che sprofondava nella montagna. Lungo i gradini, quattordici ne contò Alì, ebbero una macabra sorpresa: uno scheletro ed un moschetto.
“Ecco chi ci ha preceduto… ”
Alessandro sollevò la torcia ed illuminò i pietosi resti: l’uomo aveva il collo spezzato.
“Devono averlo colpito con tale violenza da impedirgli ogni reazione.” osservò Hammad.
I gradini portavano ad una terza porta; anche questa con sigilli spezzati.
L’aprirono ed entrarono in un vasto ambiente. Sparse per terra, c’erano ghirlande di fiori e foglie: loto, papiro, sedano e sicomoro.
Un attimo di stupito, emozionato silenzio, poi Isabella si chinò a raccoglierne una ed un inspiegabile turbamento la colse d’improvviso.  Quasi non sentì l’esclamazione di stupore di Hammad:
“Allah di Misericordia!”
Contro la parete di fondo, alla destra di una quarta porta chiusa e sigillata, cosa che faceva ben sperare, l’uomo aveva visto una statua di legno e vi aveva accostato la torcia.
Ombre nelle ombre, gli altri lo raggiunsero immediatamente, tendendo in avanti le loro torce; le luci strapparono inquietanti bagliori agli occhi di opaco quarzo grigio del simulacro.
“Santo Cielo! – anche Alessandro era assai impressionato – Sembra vivo.”
Altre esclamazioni di profondo stupore commentarono quell’incontro. Erano tutti come storditi; immobili di fronte a quella statua che pareva fissarli silenziosa, ma minacciosa.


...............
..L’aspetto selvaggio, la folta capigliatura trattenuta da un cordino legato sulla nuca, le straordinarie proporzioni fisiche, portavano alla mente immagini di antichi guerrieri.
“Straordinario!” continuavano a ripetere al cospetto di tanta perfezione tecnica e piacevolezza rappresentativa.
“E’ la tomba di un principe?” anche Isabella s’era avvicinata.
“Non penso. – rispose il fratello – Sul sigillo c’era un nome di donna. Se dietro questa porta c’è un sarcofago, sono certo che accoglierà le spoglie di una principessa.”
“Ma questa… questa non è una statua funeraria.” insistette Isabella.
“E’ vero! – assentì Alessandro – Il braccio proteso in avanti, l’atteggiamento… Sembra sul punto di lanciarsi in avanti verso qualcosa…”
“… o qualcuno.” gli fece eco Alì.
“Verso un intruso. – interloquì Hammad – Verso il profanatore di questa  tomba. Il braccio teso è pronto a sbarrare il passo oltre quella porta… a protezione di quella porta.”
“Guardate la sua mano… stringe qualcosa.” fece osservare Isabella.
Guardarono.
In una mano la statua misteriosa stringeva un sacchetto di lino, nell’altra reggeva un coccio di terracotta recante alcune incisioni sulla superficie; una scritta che il professore andò decifrando:
      “Io, Osor, Guardiano della Soglia,
       respingo col tocco della Morte Incognita
       della mia mano,
       chiunque profani questa dimora.
       Sono io, Osor.”
“Che cosa ci sarà in quel sacchetto?” domandò Isabella tendendo una mano.
Il gesto fece fluttuare l’aria intorno alla statua; la ragazza ammutolì e ritrasse il braccio. Il suo sguardo, però, andò intorno errante ed esitante e finì per perdersi in quello misterioso e vitreo del simulacro.
Il sangue retrocesse e un profondo pallore le si stemperò sul bel volto.
“”Co… cosa ci sarà qui dentro?” balbettò meccanicamente; quasi un’eco dei pensieri smarriti.
“Lo scopriremo presto. – rispose Alessandro – Analizzeremo il contenuto di questo sacchetto e lo catalogheremo come ogni altro oggetto.”

 (continua)

brano tratto da   OSORKON - Il Guardiano della Soglia

su AMAZON
o da richiedere  AUTOGRAFATO e SCONTATO direttamente dall'autrice:
mariapace2010@gmail.com

LA Tomba Violata





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Le operazioni ripresero.
La porta, nella quale venne praticata un’apertura, dava accesso ad una cappella scavata nella roccia.
Un soffio d’aria torrida ed umida, irrespirabile, investì Alessandro, il primo uomo a mettere piede in un luogo dove, per una breve eternità, avevano regnato silenzio e immobilità. Gli altri lo seguirono, facendo attenzione a non inciampare nelle pietre sporgenti dal pavimento terroso.



La luce delle torce elettriche attraversò le tenebre millenarie ed illuminò un piccolo ambiente quadrangolare con soffitto a volta e pavimento in pendio; due colonne, in fondo alla stanza, reggevano una seconda porta dai sigilli rotti e sparsi per terra. Appoggiata ad una parete videro una stele in arenaria raffigurante Sobek, il Coccodrillo Sacro. Il registro inferiore recava la seguente scritta:
              “Che il coccodrillo nell’acqua
               e la serpe in terra
               siano contro colui
               che farà oltraggio alla mia dimora
               perché io, Nefer,
               non ho fatto nulla contro di lui.”
Omar, il fotografo, cominciò a scattare fotografie, ma Hammad non seppe trattenere un’esclamazione di disappunto:
“Per la Collera di Allah! – esclamò - I sigilli sono spezzati. Questa tomba è stata violata.”
“Per la Miseria… qualcuno è arrivato prima di noi.” anche Alessandro imprecò.
“Significa che possono aver portato via il tesoro chiuso in questo sepolcro?” chiese Isabella aggrottando la fronte.
“Questi sono frammenti di sigilli reali – spiegò Hammad - e testimoniano la presenza di una ricca tomba, ma… sarebbe una fortuna, che questa tomba non fosse già stata visitata dai saccheggiatori.”
“Già! – convenne il professore – Trabocchetti e formule magiche non hanno tenuto lontano i profanatori nemmeno in epoca più antica.”
“Troveremo qualche sorpresa dietro quella porta? – domandò Isabella, poi – Uffa, che caldo! Si soffoca, qui dentro.”

L’aria era davvero soffocante là sotto. La sabbia e la polvere cadute dal soffitto ed accumulate sul pavimento si sollevavano al passaggio e un odore venefico penetrava nelle narici.
Spinsero la porta e si trovarono in cima ad una scala che sprofondava nella montagna. Lungo i gradini, quattordici ne contò Alì, ebbero una macabra sorpresa: uno scheletro ed un moschetto.
“Ecco chi ci ha preceduto… ”
Alessandro sollevò la torcia ed illuminò i pietosi resti: l’uomo aveva il collo spezzato.
“Devono averlo colpito con tale violenza da impedirgli ogni reazione.” osservò Hammad.
I gradini portavano ad una terza porta; anche questa con sigilli spezzati.
L’aprirono ed entrarono in un vasto ambiente. Sparse per terra, c’erano ghirlande di fiori e foglie: loto, papiro, sedano e sicomoro.
Un attimo di stupito, emozionato silenzio, poi Isabella si chinò a raccoglierne una ed un inspiegabile turbamento la colse d’improvviso.  Quasi non sentì l’esclamazione di stupore di Hammad:
“Allah di Misericordia!”
Contro la parete di fondo, alla destra di una quarta porta chiusa e sigillata, cosa che faceva ben sperare, l’uomo aveva visto una statua di legno e vi aveva accostato la torcia.
Ombre nelle ombre, gli altri lo raggiunsero immediatamente, tendendo in avanti le loro torce; le luci strapparono inquietanti bagliori agli occhi di opaco quarzo grigio del simulacro.
“Santo Cielo! – anche Alessandro era assai impressionato – Sembra vivo.”
Altre esclamazioni di profondo stupore commentarono quell’incontro. Erano tutti come storditi; immobili di fronte a quella statua che pareva fissarli silenziosa, ma minacciosa.


...............
..L’aspetto selvaggio, la folta capigliatura trattenuta da un cordino legato sulla nuca, le straordinarie proporzioni fisiche, portavano alla mente immagini di antichi guerrieri.
“Straordinario!” continuavano a ripetere al cospetto di tanta perfezione tecnica e piacevolezza rappresentativa.
“E’ la tomba di un principe?” anche Isabella s’era avvicinata.
“Non penso. – rispose il fratello – Sul sigillo c’era un nome di donna. Se dietro questa porta c’è un sarcofago, sono certo che accoglierà le spoglie di una principessa.”
“Ma questa… questa non è una statua funeraria.” insistette Isabella.
“E’ vero! – assentì Alessandro – Il braccio proteso in avanti, l’atteggiamento… Sembra sul punto di lanciarsi in avanti verso qualcosa…”
“… o qualcuno.” gli fece eco Alì.
“Verso un intruso. – interloquì Hammad – Verso il profanatore di questa  tomba. Il braccio teso è pronto a sbarrare il passo oltre quella porta… a protezione di quella porta.”
“Guardate la sua mano… stringe qualcosa.” fece osservare Isabella.
Guardarono.
In una mano la statua misteriosa stringeva un sacchetto di lino, nell’altra reggeva un coccio di terracotta recante alcune incisioni sulla superficie; una scritta che il professore andò decifrando:
      “Io, Osor, Guardiano della Soglia,
       respingo col tocco della Morte Incognita
       della mia mano,
       chiunque profani questa dimora.
       Sono io, Osor.”
“Che cosa ci sarà in quel sacchetto?” domandò Isabella tendendo una mano.
Il gesto fece fluttuare l’aria intorno alla statua; la ragazza ammutolì e ritrasse il braccio. Il suo sguardo, però, andò intorno errante ed esitante e finì per perdersi in quello misterioso e vitreo del simulacro.
Il sangue retrocesse e un profondo pallore le si stemperò sul bel volto.
“”Co… cosa ci sarà qui dentro?” balbettò meccanicamente; quasi un’eco dei pensieri smarriti.
“Lo scopriremo presto. – rispose Alessandro – Analizzeremo il contenuto di questo sacchetto e lo catalogheremo come ogni altro oggetto.”

 (continua)

brano tratto da   OSORKON - Il Guardiano della Soglia

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o da richiedere  AUTOGRAFATO e SCONTATO direttamente dall'autrice:
mariapace2010@gmail.com

VITA da FARAONE






 Il Faraone era un Sovrano diverso da tutti gli altri e diversa era anche la sua vita.
 A differenza delle altre civiltà dell'età del bronzo le quali si svilupparono in una serie di città-stato rivali tra loro, l'Egitto manifestò subito una tendenza verso una unità nazionale personificata nella figura del suo Dio-Re al cui modello umano finirono per uniformarsi, gradatamente, tutte le altre Divinità.
La figura del Dio-Re, concreta e tangibile, riusciva a soddisfare le esigenze di un popolo che possedeva di Dio un'immagine reale. L'intero Paese prendeva parte alla "creazione" de suo Re-Dio fin dalla sua Incoronazione, una Cerimonia a cui partecipavano tutti gli Dei ed in cui egli riceveva le varie Corone: la Corona Rossa del Basso Egitto, la Corona Bianca dell'Alto Egitto, ma anche il Casco Blu da combattimento o la Corona Atef, ecc... tutte oggetto di culto.

La concezione di Sovrano quale Dio-Incarnato faceva di lui la personificazione della Ma'at, vocabolo che tradotto vuol dire "Rettitudine" "Giustizia" "Verità", cosicché, con la sua Incarnazione, il Sovrano diventava il garante della Giustizia e dell'Ordine Precostituito delle cose. Con lui si apriva una nuova era.
Ad ogni cambiamento di Re, l'intero universo veniva ricreato secondo lo schema originario: la Ma'at, infatti, poggiava sulla tradizione degli eventi avvenuti in passato ed ai quali, nelle sue azioni, il Re doveva uniformarsi. La Regalità, infatti, era immortale e non riferita alla persona fisica, bensì al concetto che rappresentava.
Il Faraone che appariva per la prima volta al suo popolo era paragonato al Sole, ma ciò che si celebrava attraverso la Cerimonia di Incoronazione non era la persona, non era l'uomo, ma l'istituzione e il principio che incarnava e cioé la Regalità-Divina.
Al suo cospetto, così come al cospetto di ogni altra Divinità, ci si presentava con le dovute precauzioni perché l'influenza e l'influsso che emanavano dalla sua persona erano quelle di un Dio, capaci di folgorare e incenerire.
Per questo il Faraone era diverso da ogni altro Sovrano; egli non poteva comportarsi secondo la propria volontà, ma doveva render conto al suo popolo ed agli Dei di cui era l' Incarnazione ed all'universo di cui era il garante.
La regolamentazione delle sue attività e della sua condotta erano assai rigide e come disse Diodoro: "... egli aveva un tempo fissato non solo per quando doveva tenere udienze. rendere giustizia, ma anche per quando doveva passeggiare, fare il bagno o dormire con la consorte. In una parola, per ogni attività." Ogni suo atto, pubblico o privato, era determinato da Leggi prescritte e non da volontà propria. A servirlo, inoltre, non erano servi o schiavi comuni, ma personale giovane e qualificato appartenente alle più nobili famiglie.
La vita di un Faraone, pertanto, non era semplice e non sempre piacevole, come per certi sovrani di altre epoche o Paesi, ma piuttosto gravosa e pesante. Cominciava fin dal mattino un complicato rituale che andava dal risveglio alla cura della persona e alla scelta dell'abbigliamento: dalla parrucca ai sandali.
Uno dei titoli più ambiti era quello di "Portatore dei Sandali del Re".
Gli impegni quotidiani erano molteplici: doveva concedere udienze, praticare il culto, esercitare la giustizia... il sacro e il quotidiano, dunque, erano legati indissolubilmente nella sua persona di Uomo-Dio.

VITA da FARAONE






 Il Faraone era un Sovrano diverso da tutti gli altri e diversa era anche la sua vita.
 A differenza delle altre civiltà dell'età del bronzo le quali si svilupparono in una serie di città-stato rivali tra loro, l'Egitto manifestò subito una tendenza verso una unità nazionale personificata nella figura del suo Dio-Re al cui modello umano finirono per uniformarsi, gradatamente, tutte le altre Divinità.
La figura del Dio-Re, concreta e tangibile, riusciva a soddisfare le esigenze di un popolo che possedeva di Dio un'immagine reale. L'intero Paese prendeva parte alla "creazione" de suo Re-Dio fin dalla sua Incoronazione, una Cerimonia a cui partecipavano tutti gli Dei ed in cui egli riceveva le varie Corone: la Corona Rossa del Basso Egitto, la Corona Bianca dell'Alto Egitto, ma anche il Casco Blu da combattimento o la Corona Atef, ecc... tutte oggetto di culto.

La concezione di Sovrano quale Dio-Incarnato faceva di lui la personificazione della Ma'at, vocabolo che tradotto vuol dire "Rettitudine" "Giustizia" "Verità", cosicché, con la sua Incarnazione, il Sovrano diventava il garante della Giustizia e dell'Ordine Precostituito delle cose. Con lui si apriva una nuova era.
Ad ogni cambiamento di Re, l'intero universo veniva ricreato secondo lo schema originario: la Ma'at, infatti, poggiava sulla tradizione degli eventi avvenuti in passato ed ai quali, nelle sue azioni, il Re doveva uniformarsi. La Regalità, infatti, era immortale e non riferita alla persona fisica, bensì al concetto che rappresentava.
Il Faraone che appariva per la prima volta al suo popolo era paragonato al Sole, ma ciò che si celebrava attraverso la Cerimonia di Incoronazione non era la persona, non era l'uomo, ma l'istituzione e il principio che incarnava e cioé la Regalità-Divina.
Al suo cospetto, così come al cospetto di ogni altra Divinità, ci si presentava con le dovute precauzioni perché l'influenza e l'influsso che emanavano dalla sua persona erano quelle di un Dio, capaci di folgorare e incenerire.
Per questo il Faraone era diverso da ogni altro Sovrano; egli non poteva comportarsi secondo la propria volontà, ma doveva render conto al suo popolo ed agli Dei di cui era l' Incarnazione ed all'universo di cui era il garante.
La regolamentazione delle sue attività e della sua condotta erano assai rigide e come disse Diodoro: "... egli aveva un tempo fissato non solo per quando doveva tenere udienze. rendere giustizia, ma anche per quando doveva passeggiare, fare il bagno o dormire con la consorte. In una parola, per ogni attività." Ogni suo atto, pubblico o privato, era determinato da Leggi prescritte e non da volontà propria. A servirlo, inoltre, non erano servi o schiavi comuni, ma personale giovane e qualificato appartenente alle più nobili famiglie.
La vita di un Faraone, pertanto, non era semplice e non sempre piacevole, come per certi sovrani di altre epoche o Paesi, ma piuttosto gravosa e pesante. Cominciava fin dal mattino un complicato rituale che andava dal risveglio alla cura della persona e alla scelta dell'abbigliamento: dalla parrucca ai sandali.
Uno dei titoli più ambiti era quello di "Portatore dei Sandali del Re".
Gli impegni quotidiani erano molteplici: doveva concedere udienze, praticare il culto, esercitare la giustizia... il sacro e il quotidiano, dunque, erano legati indissolubilmente nella sua persona di Uomo-Dio.

IL GUARDIANO




CAPITOLO    III  -  Il Guardiano 




 L’alba trovò Isabella immersa nel leggero dormiveglia che segue una notte insonne. La luce del mattino, entrando dalla fessura della porta accostata, investì la sua figura rannicchiata nel letto ed ancora un po’ infreddolita: nel deserto si avvicendano due mondi,  quello assolato del giorno e l’altro gelido della notte.
Isabella aprì gli occhi; stele e papiri dipinti davano vita e storia alle pareti e al soffitto della camera-sepolcro che divideva col fratello, una tendina ammorbidiva le linee della finestrella.
Ritta ai piedi del letto, investita dallo stesso fascio di luce, Isabella vide una figura, una  straordinaria, stupefacente figura: quella del Guardiano della tomba della principessa Nefer.
La ragazza balzò a sedere, mentre il sangue retrocedeva lentamente sul bel volto stupefatto per far posto ad un profondo pallore; le arterie pulsavano velocemente e i muscoli erano rigidi come legno.
“Sto… sto ancora sognando…” balbettò.
“Nefer, piccola Signora del cielo… - una voce straordinariamente dolce parve accarezzarla, ma lontana, cavernosa, gutturale, nonostante che alcune consonanti fossero accompagnate da un sibilo acuto – Osor è qui!”
La  creatura fece un passo avanti; Isabella la fissava inquieta e irrigidita dalla sorpresa,
“Chi… chi sei?” domandò, ma neppure il suono della propria voce riuscì a  stemperare minimamente il terrore prodotto da quell’inquietante presenza.
“Sono Osor il Guardiano, mia dolce Signora. - rispose quello – Sono giunto al tuo richiamo, per liberare il tuo cammino dalle insidie…”
La figura possente, i muscoli guizzanti sotto la pelle bruna, le spalle atletiche sotto lo shebiu, il collare di cuoio colorato, i fianchi coperti da un corto gonnellino erano il trionfo dell’enigma e del mistero.
Isabella lo fissava muta e affascinata, ma anche spaventata.
I capelli erano ricci ed un po’ arruffati e gli sporgevano da sotto la fascia di cuoio legata intorno alla fronte… No! Quello non era affatto una statua… o quello che era parso nella tomba la sera precedente … Ed era ben vivo.

“Osor ti seguirà fedele come l’ombra. – riudì la sua voce. Era antica, ma calda e profonda, accompagnata da uno sguardo dolce e mansueto – Osor libererà il tuo cammino da ogni insidia. Così è, da quando il Messaggero è venuto a porsi davanti a te, dolce Signora.”
“Non è possibile! Sto sognando...” continuava a ripetere la ragazza,  poi, di colpo, sembrò afferrare la situazione, per quanto fantastica e paradossale apparisse: quella che le stava davanti era una persona o qualcosa di simile. Ed era ben viva. Non era una statua…. Ma no! Non era possibile. Stava sognando. Quello era un sogno e presto si sarebbe svegliata e la visione sarebbe svanita come la nebbia di primo mattino… Ma che diamine! Come aveva potuto credere… ah.ah.ah… come aveva potuto credere… anche per un solo istante… come aveva potuto credere ad una cosa tanto assurda… Una statua che si anima… ah.ah.ah…
“Lo spavento, ieri sera… Lo spavento ha procurato alla mia povera mente questo strano scherzo… Le parole di Alì… la maledizione dei faraoni… ah.ah.ah… – continuò sottovoce il suo pensiero. L’eco della sua stessa voce era quasi irriconoscibile alle orecchie, ma riuscì a tranquillizzarla – Non mi faccio prendere la mano dalla fantasia, io… La statua che prende vita, Ah.ah.ah! Che sciocchezza!… Accidenti!.... Ma perché continuo a sognare?… Perché non mi sveglio?… Un momento… se metto i piedi a terra, …forse…  il pavimento freddo mi sveglierà e questo qui se ne andrà. Ecco… adesso mi alzo…”
Mise i piedi fuori del letto.
Era certa che il contatto con il pavimento freddo terroso della cripta l’avrebbe svegliata e avrebbe fatto svanire quella presenza. In piedi.  Fece un passo in avanti, poi  un secondo, un terzo e un altro ancora.

Quello era sempre lì. Sempre sorridente. Il suo sguardo era sempre dolce e mansueto. Da vitello da latte, si sorprese a pensare con un ironico sorriso. Mosse ancora un passo: quello era sempre lì, ad un passo da lei, bello di una bellezza selvaggia.
Sollevò una mano, timidamente la tese in avanti per toccargli un braccio.
Era forte, potente, vibrante… vivo!
Isabella deglutì a fatica e ritirò immediatamente la mano; il respiro divenne veloce e così il battito del cuore.  Ebbe una vertigine e il terreno le mancò sotto i piedi e lui allungò un braccio verso di lei
La sorresse. L’accolse fra le braccia… Il contatto con la pelle di lui… calda e viva…
“Santo Cielo! – seguì un attimo di confuso e sbalordito silenzio, poi  - Ma… ma chi sei?... Che cosa sei?”
“Sono Osor, mia Signora. Sono la tua ombra e ti libererò…”
“… il cammino dalle insidie. Ho capito! – lo interruppe la ragazza sciogliendosi dall’abbraccio – Per la miseria! E’ proprio vero! Non sto sognando. Come è possibile?... Eppure sta accadendo. Sei qui. Davanti a me… E adesso che cosa devo fare? Bisogna che ne parli a qualcuno… Ma che posso dire? Penseranno che sia diventata pazza e… nella migliore delle ipotesi, penseranno ad uno scherzo. Che pasticcio!... Alì! Devo parlare con Alì.”
Passi in avvicinamento.

Isabella fece cenno alla creatura di nascondersi dietro una tenda; l’altro ubbidì immediatamente. Docile.
(continua)

brano tratto dal libro  "OSORKON - Il Guardiano della Soglia"

IL GUARDIANO




CAPITOLO    III  -  Il Guardiano 




 L’alba trovò Isabella immersa nel leggero dormiveglia che segue una notte insonne. La luce del mattino, entrando dalla fessura della porta accostata, investì la sua figura rannicchiata nel letto ed ancora un po’ infreddolita: nel deserto si avvicendano due mondi,  quello assolato del giorno e l’altro gelido della notte.
Isabella aprì gli occhi; stele e papiri dipinti davano vita e storia alle pareti e al soffitto della camera-sepolcro che divideva col fratello, una tendina ammorbidiva le linee della finestrella.
Ritta ai piedi del letto, investita dallo stesso fascio di luce, Isabella vide una figura, una  straordinaria, stupefacente figura: quella del Guardiano della tomba della principessa Nefer.
La ragazza balzò a sedere, mentre il sangue retrocedeva lentamente sul bel volto stupefatto per far posto ad un profondo pallore; le arterie pulsavano velocemente e i muscoli erano rigidi come legno.
“Sto… sto ancora sognando…” balbettò.
“Nefer, piccola Signora del cielo… - una voce straordinariamente dolce parve accarezzarla, ma lontana, cavernosa, gutturale, nonostante che alcune consonanti fossero accompagnate da un sibilo acuto – Osor è qui!”
La  creatura fece un passo avanti; Isabella la fissava inquieta e irrigidita dalla sorpresa,
“Chi… chi sei?” domandò, ma neppure il suono della propria voce riuscì a  stemperare minimamente il terrore prodotto da quell’inquietante presenza.
“Sono Osor il Guardiano, mia dolce Signora. - rispose quello – Sono giunto al tuo richiamo, per liberare il tuo cammino dalle insidie…”
La figura possente, i muscoli guizzanti sotto la pelle bruna, le spalle atletiche sotto lo shebiu, il collare di cuoio colorato, i fianchi coperti da un corto gonnellino erano il trionfo dell’enigma e del mistero.
Isabella lo fissava muta e affascinata, ma anche spaventata.
I capelli erano ricci ed un po’ arruffati e gli sporgevano da sotto la fascia di cuoio legata intorno alla fronte… No! Quello non era affatto una statua… o quello che era parso nella tomba la sera precedente … Ed era ben vivo.

“Osor ti seguirà fedele come l’ombra. – riudì la sua voce. Era antica, ma calda e profonda, accompagnata da uno sguardo dolce e mansueto – Osor libererà il tuo cammino da ogni insidia. Così è, da quando il Messaggero è venuto a porsi davanti a te, dolce Signora.”
“Non è possibile! Sto sognando...” continuava a ripetere la ragazza,  poi, di colpo, sembrò afferrare la situazione, per quanto fantastica e paradossale apparisse: quella che le stava davanti era una persona o qualcosa di simile. Ed era ben viva. Non era una statua…. Ma no! Non era possibile. Stava sognando. Quello era un sogno e presto si sarebbe svegliata e la visione sarebbe svanita come la nebbia di primo mattino… Ma che diamine! Come aveva potuto credere… ah.ah.ah… come aveva potuto credere… anche per un solo istante… come aveva potuto credere ad una cosa tanto assurda… Una statua che si anima… ah.ah.ah…
“Lo spavento, ieri sera… Lo spavento ha procurato alla mia povera mente questo strano scherzo… Le parole di Alì… la maledizione dei faraoni… ah.ah.ah… – continuò sottovoce il suo pensiero. L’eco della sua stessa voce era quasi irriconoscibile alle orecchie, ma riuscì a tranquillizzarla – Non mi faccio prendere la mano dalla fantasia, io… La statua che prende vita, Ah.ah.ah! Che sciocchezza!… Accidenti!.... Ma perché continuo a sognare?… Perché non mi sveglio?… Un momento… se metto i piedi a terra, …forse…  il pavimento freddo mi sveglierà e questo qui se ne andrà. Ecco… adesso mi alzo…”
Mise i piedi fuori del letto.
Era certa che il contatto con il pavimento freddo terroso della cripta l’avrebbe svegliata e avrebbe fatto svanire quella presenza. In piedi.  Fece un passo in avanti, poi  un secondo, un terzo e un altro ancora.

Quello era sempre lì. Sempre sorridente. Il suo sguardo era sempre dolce e mansueto. Da vitello da latte, si sorprese a pensare con un ironico sorriso. Mosse ancora un passo: quello era sempre lì, ad un passo da lei, bello di una bellezza selvaggia.
Sollevò una mano, timidamente la tese in avanti per toccargli un braccio.
Era forte, potente, vibrante… vivo!
Isabella deglutì a fatica e ritirò immediatamente la mano; il respiro divenne veloce e così il battito del cuore.  Ebbe una vertigine e il terreno le mancò sotto i piedi e lui allungò un braccio verso di lei
La sorresse. L’accolse fra le braccia… Il contatto con la pelle di lui… calda e viva…
“Santo Cielo! – seguì un attimo di confuso e sbalordito silenzio, poi  - Ma… ma chi sei?... Che cosa sei?”
“Sono Osor, mia Signora. Sono la tua ombra e ti libererò…”
“… il cammino dalle insidie. Ho capito! – lo interruppe la ragazza sciogliendosi dall’abbraccio – Per la miseria! E’ proprio vero! Non sto sognando. Come è possibile?... Eppure sta accadendo. Sei qui. Davanti a me… E adesso che cosa devo fare? Bisogna che ne parli a qualcuno… Ma che posso dire? Penseranno che sia diventata pazza e… nella migliore delle ipotesi, penseranno ad uno scherzo. Che pasticcio!... Alì! Devo parlare con Alì.”
Passi in avvicinamento.

Isabella fece cenno alla creatura di nascondersi dietro una tenda; l’altro ubbidì immediatamente. Docile.
(continua)

brano tratto dal libro  "OSORKON - Il Guardiano della Soglia"

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